Ruolo del microbiota nello sviluppo ipotalamico
GIOVANNI ROSSI
NOTE E
NOTIZIE - Anno XXII – 20 settembre 2025.
Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale
di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a
notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la
sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici
selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori
riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.
[Tipologia del testo: RECENSIONE]
Siamo immersi in un mondo di
microrganismi e le unità cellulari batteriche presenti sul e nel nostro corpo
superano di 10 volte il numero di cellule del nostro organismo, che ospita
nell’intestino 100.000 miliardi di batteri, il cui ruolo nella nostra
fisiologia fino a una ventina di anni fa si riteneva limitato a fornire
vitamine essenziali per la salute e la vita stessa. Dalla ricerca delle ultime
due decadi sta emergendo in modo sempre più dettagliato un quadro di ruoli
svolti nella fisiologia e nella fisiopatologia umana dagli ospiti microbici e,
in particolare, in rapporto a stati normali e patologici del sistema nervoso
centrale.
Anche se nella storia
recente della ricerca biologica vi sono stati periodi di ridotta attività
sperimentale circa la realtà di convivenza dei mammiferi con batteri e altri
microrganismi, l’interesse teorico non si è mai sopito: da molti decenni una
teoria citoevolutiva, che ha trovato più recenti
conferme, ha indicato i mitocondri, organuli tipici delle cellule eucariotiche,
come discendenti di cellule microbiche che si sarebbero comportate da parassiti
endocellulari.
La maggior parte degli studi
di interesse neuroscientifico ha indagato il rapporto tra microbioma
intestinale (normale e alterato) e disturbi psichici, analizzando vari dati e
parametri allo scopo di accertare o escludere un ruolo eziologico, patogenetico
o di semplice fattore aggravante le manifestazioni cliniche. Oggi si sta
delineando un nuovo campo in questa ricerca, che riguarda l’inizio e le prime
fasi della convivenza: quando ha inizio l’influenza dei batteri sullo sviluppo
e in che modo si esercita?
Qui recensiamo uno studio
condotto da un gruppo di ricerca della Georgia State University di Atalanta
guidato da Alexandra Castillo-Ruiz, che ha accertato un ruolo del microbiota
nello sviluppo del cervello dei mammiferi: plasma il nucleo paraventricolare
dell’ipotalamo del topo. Ma, soprattutto, questa indagine ha chiarito se i
microrganismi in grado di partecipare alla differenziazione delle strutture
dell’encefalo sono quelli materni o quelli che colonizzano il cervello dopo la
nascita.
(Milligan Y.
C. et al., The microbiota shapes the development of the mouse
hypothalamic paraventricular nucleus. Hormones and Behavior – Epub ahead of print doi: 10.1016/j.yhbeh.2025.105742, 2025).
La
provenienza degli autori è
la seguente: Neuroscience Institute, Georgia
State University, Atlanta, GA (USA); Georgia State University, Atlanta,
GA (USA); Department of Biology, Georgia State University, Atlanta,
GA (USA).
Nel 2014 abbiamo fatto per
la prima volta il punto delle conoscenze sull’influenza esercitata dai batteri
del biotopo intestinale sul cervello, prendendo le mosse dai rapporti tra
integrità dell’intestino e salute mentale. In particolare, abbiamo definito la
sindrome del leaky gut: “Malattie, condizioni fisiopatologiche e
trattamenti terapeutici, quali radioterapie o un eccessivo e talvolta improprio
uso di antibiotici e antidolorifici, come si vede dall’elenco sotto riportato,
possono compromettere l’integrità di questa barriera cellulare, determinando la
condizione di un intestino con “falle” (leaky gut) che consentono la
dispersione, la sfuggita nel torrente circolatorio, di batteri e molecole
provenienti dalla superficie interna dell’intestino” [1]. Tra
le condizioni e le patologie predisponenti o causanti questa anomala
permeabilità intestinale che consente il passaggio in circolo si menzionano:
abuso di alcool, malattie autoimmuni, infezioni (es.: da virus HIV), malattie
infiammatorie, malattia infiammatoria intestinale, ipersensibilità al glutine,
allergie alimentari gravi, organismo stremato, stress psicologico. A
parte sono menzionate le cause iatrogene: terapia radiante, terapie
antibiotiche protratte, terapie antidolorifiche protratte.
In quel periodo era stato
pubblicato su Acta Psychiatrica Scandinavica lo studio più importante
del nuovo millennio fra quelli intesi a verificare l’esistenza di un reale
rapporto tra leaky gut e disturbi psichici. Gli autori, di cui faceva
parte Michael Maes, riportavano che il 35% degli affetti da depressione
presentava segni ematochimici significativi del passaggio di batteri dal lume
intestinale al compartimento vascolare. Batteri, frammenti di cellule
batteriche e molecole si erano rivelate in grado di attivare spesso risposte
infiammatorie e autoimmuni, del tipo di quelle associate da lungo tempo a
disturbi depressivi, temporanei abbassamenti del tono dell’umore e sensazioni
di stanchezza e spossatezza. Di passaggio, ricordiamo che si indaga la
patogenesi infiammatoria della depressione fin dagli anni Novanta e che i
processi fisiopatologici della depressione da stress includono la
modificazione di vari parametri secondo il profilo tipico di alcune patologie
infiammatorie, tanto da suggerire un ruolo nella patogenesi. Al riguardo, oggi
l’opinione prevalente condivide questa prospettiva, anche sulla base delle
nuove acquisizioni circa il rapporto tra stress e infiammazione, ma fino
a una decina di anni fa molti ricercatori, seguendo Michael Maes, rimanevano
molto prudenti, limitandosi a ipotizzare una partecipazione dell’infiammazione
originata da batteri intestinali al mantenimento di uno stato infiammatorio
diffuso che nella depressione è più elevato che di norma[2].
Si è osservato in passato: “Uno
dei campi più affascinanti di questa ricerca riguarda la cooperazione genetica
fra il nostro genoma costituito da 20-25.000 geni e il microbioma intestinale,
ossia il materiale genetico di oltre 1000 specie, costituito da circa 3.3
milioni di geni: quasi 150 volte il numero dei nostri. I progressi compiuti
nell’elaborazione computerizzata e nel sequenziamento genico stanno permettendo
la realizzazione di un registro dettagliato dei geni provenienti dall’insieme
di tutti questi microrganismi. La distruzione inavvertita di una parte di
questo patrimonio microbico sembra essere all’origine dell’aumento di disturbi
autoimmunitari e obesità”[3].
La ricerca che studia il
ruolo del microbiota nella fisiologia e nella patologia del sistema nervoso
centrale è giunta ora a indagare l’origine del rapporto tra batteri e cellule
cerebrali, analizzando l’intervento dei microrganismi nello sviluppo del
cervello.
I microbi colonizzano
massicciamente i neonati dei mammiferi alla nascita, e questo dato ha
costituito il punto di partenza di numerosi studi condotti di recente. Alexandra
Castillo-Ruiz, Yvonne C. Milligan e colleghi, in
precedenza, hanno contribuito ad accertare che il microbiota influenza eventi
neuroevolutivi chiave; in particolare: topi neonati sterili (“germ free” o GF), al paragone con le loro
controparti “colonizzate convenzionalmente” (CC), presentano un tasso più alto
di morte cellulare neuronica nel nucleo paraventricolare dell’ippocampo
(PVN). In questo nuovo studio i ricercatori hanno sottoposto a vaglio
sperimentale l’ipotesi che il microbiota, intervenendo attraverso un meccanismo
agente sulla morte cellulare neuronica legata al processo di selezione del più
adatto, plasma lo sviluppo del PVN.
A questo scopo è stato
adottato un approccio di cross-fostering
(“allattamento parziale” o “affidamento post-natale incrociato”) che ha
consentito anche di verificare se gli effetti prodotti sui processi
neuroevolutivi sono influenzati dalla colonizzazione batterica alla nascita o
sono programmati in epoca prenatale via microbiota materno.
In particolare, i ricercatori
hanno affidato in cross-fostering neonati dei
topi GF a topine nutrici CC (GF → CC) immediatamente dopo la nascita, e
poi hanno confrontato ciò che si verificava neurobiologicamente in questi casi
a quanto accadeva nei gruppi di controllo, costituiti da madri-figli in uguale
stato microbico (CC → CC; GF → GF).
Al giorno 7 dalla nascita, i
neonati GF → GF e GF → CC presentavano un numero di cellule nervose
nel PVN minore rispetto ai neonati CC → CC, senza interessamento del
volume del PVN.
In un esperimento di follow-up
i ricercatori hanno trovato conferma della riduzione del numero di cellule del
nucleo paraventricolare dell’ipotalamo senza alcuna variazione di volume dello
stesso nucleo ipotalamico in topi adulti sterili.
Su questa base, si può dedurre
che la maggiore entità del fenomeno di morte cellulare neuronica osservato nel
PVN di topi neonati sterili è associata a una permanente riduzione del numero
complessivo di cellule del nucleo. Poiché il deficit non è modificato
introducendo un microbiota alla nascita, i risultati di questo studio
suggeriscono che il microbiota materno intervenga già in utero nel
plasmare lo sviluppo di aree cruciali del cervello come il PVN.
L’autore della nota ringrazia
la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle
recensioni di
argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito
(utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).
Giovanni Rossi
BM&L-20 settembre 2025
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organizzazione scientifica e culturale non-profit.
[1] Note e Notizie 18-01-14
Batteri intestinali agenti sul cervello.
[2] L’opinione di Maes è riportata
da Tori Rodriguez in Gut Bacteria May Exacerbate Depression (Sci Am Mind
24 (5): 8, November/December
2013).
[3] Se abbiamo presente questo quadro di base, ci
rendiamo conto di quanto sia delicata la questione di un trattamento
antibiotico finalizzato ad evitare gli effetti negativi sul cervello e sulla
mente del passaggio nel sangue di batteri potenzialmente psicotossici.